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Abbazia di S. Urbano sull'Esinante

L' Abbazia di Sant’Urbano sorge isolata sulla sponda sinistra del torrente Esinante, affluente del fiume Esino. La data della sua fondazione è ascrivibile al X-XI secolo, essendo citata per la prima volta in una Convenzione del 1033 stipulata con l'abate di San Vittore delle Chiuse. A causa dei violenti contrasti con il vicino comune di Apiro per le sue mire espansionistiche sul castello di Sant’Urbano, nella prima metà del XIII secolo l'abbazia subì numerose devastazioni - nonostante fosse protetta del comune di Jesi al quale si era autonomamente sottomessa nel 1219 - che determinarono una prima e ampia ricostruzione secondo il modello dell'abbazia di Sant’Elena di Serra San Quirico. A tale epoca, infatti, risale il parziale tamponamento della prima campata, la copertura della zona anteriore con volte a botte centrale e crociere laterali ricadenti su lesene addossate ai pilastri, nonché il rifacimento della zona presbiteriale, compresa la sottostante cripta, con il rialzamento del tetto della nave centrale e la costruzione delle volte. Il muro di separazione tra le due metà della chiesa fu probabilmente innalzato per sostenere le spinte della nuova copertura e quindi alleggerito con aperture che consentissero una parziale visione del presbiterio. Ad epoca più tarda vanno riportati il rialzamento del corpo di facciata, l'addossamento delle case coloniche e le varie aggiunte murarie visibili all'esterno. Nel 1442 il monastero, ormai in decadenza, fu accorpato all'abbazia di San Salvatore in Valdicastro di Fabriano, finché nel 1810 divenne proprietà privata.

La chiesa ha un impianto a tre navate su pilastri - di cui quella centrale presenta una volta a botte ogivale rinforzata da un arcone traversale, che poggia su lesene allineate ai pilastri sottostanti, mentre quelle laterali risultano coperte da volta a crociera - parzialmente chiuso in un aggregato di costruzioni coloniche addossate ai suoi fianchi. L'alzato è realizzato in pietra e cotto e presenta anomalie dovute ad interventi di epoca diversa. La facciata è conservata solo nella parte centrale con portale a risalti e lunetta di scarico, in quanto modificata in epoche successive con l'apertura delle due finestre rettangolari nella zona superiore del prospetto, fortemente sopraelevato, e l'aggregazione del campanile a vela. Sant’Urbano, inoltre, rappresenta un caso di particolare sopraelevazione del presbiterio per effetto della cripta con la risultante di una maggiore separazione degli spazi tra clero e fedeli, caratteristica dell'architettura romanica delle Marche.
L'interno è caratterizzato dalla separazione del presbiterio, suddiviso in tre navate da pilastri compositi e copertura a crociera, dalla chiesa mediante un muro trasversale aperto da due arconi ogivali e dallo stretto ingresso; mentre, sulla sinistra, sul rude ambone addossato al sopracitato muro divisorio si apre l'ingresso alla sottostante cripta, del XII-XIII secolo, con lo stesso impianto presbiteriale ad eccezione dei muri divisori delle navate. In corrispondenza delle ultime due campate del fianco sinistro, rinforzato da quattro contrafforti, e della parte absidale è visibile l'innervatura di sottili colonne in pietra ed archetti pensili, ripetuta anche nel catino absidale, con l'aggiunta lungo il bordo superiore di una cornice dentellata e l'apertura di tre ampie monofore nell'abside maggiore. Dal portale d'accesso una breve scala in discesa immette nel vano centrale della prima campata ridotto ad una sorta di atrio d'ingresso alla chiesa. Di particolare interesse artistico gli otto capitelli, dei quali uno impiegato nel pilastro destro della zona anteriore della chiesa, cinque impiegati nel presbiterio e due nella parete di controfacciata. Questi presentano motivi figurati e animali accanto a motivi geometrici e floreali o ad arcatelle simili a quelli della sala capitolare dell'abbazia di San Salvatore in Valdicastro di Fabriano e della chiesa di San Ansovino di Avacelli di Arcevia.

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